mercoledì 5 marzo 2008

Qualche consiglio su opere folli / contenenti follia

Visto che Sito preferirebbe non fare qualcosa di Shakespeare, per variare un po' epoca e tematiche, ho pensato di mettere qualche opera "famosa" contenente episodi di follia, o comunque degli eventi che, se osservati da una certa prospettiva, sono interpretabili come psicotici, schizofrenici, ecc...
Sono le prime cose che mi sono venute in mente, poi ne aggiungiamo altri!

UBU RE
Ubu re (in francese, Ubu roi) è un'opera teatrale di Alfred Jarry [...] Quest'opera è considerata come precorritrice del movimento surrealista e del teatro dell'assurdo. Jarry vi mescola provocazione, assurdo, farsa, parodia e umorismo grasso e sbracato.
La pièce segue le avventure di Padre Ubu, «capitano dei dragoni, officiale di fiducia di re Venceslao, decorato con l'ordine dell'aquila rossa di Polonia, ex re d'Aragona, conte di Sandomir», e della Madre Ubu. Il Padre Ubu uccide il re Venceslao e s'impadronisce così del trono; poi uccide i nobili e tutti coloro che l'avevano appoggiato. Ma il Padre Ubu deve diffidare del figlio di Venceslao, il principe Bougrelao, che inavvertitamente ha risparmiato e che spera di riconquistare il trono di suo padre.

Non so quanto possa interessare, la differenza che lo separa Shakespeare è evidente: qui non sono i personaggi ad essere pazzi, è l'intera struttura ad esserlo. Una follia che coinvolge scena, atmosfera e contesto, non solo il singolo attore.

ASPETTANDO GODOT
Aspettando Godot è la più famosa opera teatrale di Samuel Beckett, che viene considerata tra le più rappresentative del cosiddetto "teatro dell'assurdo"[...]
Vladimiro (chiamato anche Didi) ed Estragone (chiamato anche Gogo) stanno aspettando su una desolata strada di campagna un "certo Signor Godot". Ma questo personaggio non appare mai sulla scena, limitandosi a mandare un ragazzo il quale dirà ai due protagonisti che "oggi non verrà, ma che verrà domani".
I due uomini, vestiti come barboni, si lamentano continuamente del freddo, della fame e del loro stato esistenziale; litigano, pensano di separarsi (anche di suicidarsi) ma alla fine restano l'uno dipendente dall'altro.
Ad un certo punto della pièce arrivano altri due personaggi: Pozzo e Lucky. Pozzo, che si definisce il proprietario della terra sulla quale Vladimiro ed Estragono stanno, è un uomo crudele e al tempo stesso "pietoso", tratta il suo servo Lucky come una bestia, tenendolo al guinzaglio con una lunga corda. Escono di scena. Didi e Gogo, dopo aver avuto l'incontro del ragazzo "messaggero di Godot", rimangono fermi mentre dicono "andiamo, andiamo".
Il secondo atto differisce solo in apparenza dal primo: Vladimiro ed Estragone sono di nuovo nello stesso posto della sera precedente. Continuano a parlare (a volte con "non senso" a volte utilizzando luoghi comuni, detti popolari, anche con effetti comici. Ritornano in scena Pozzo, che è diventato cieco, e Lucky, che ora è muto. Escono di scena. Rientra il ragazzo che dice che anche oggi il Signor Godot non verrà. Esce. E Vladimiro ed Estragone rimangono lì mentre dicono "andiamo, andiamo"..

Stesso discorso di prima, ovvero follia - in questo caso intesa come assurdità, parzialmente nonsense - estesa a tutta l'opera: struttura, scena, attori, eventi, dialoghi. Oltre ad essere un'opera famosa e rappresentativa della follia, penso sia divertente da realizzare... oltre che semplice: se non ricordo male l'ambientazione è un semplice albero senza foglie. Ma potrei sbagliare =D
ps. Se qualcuno lo volesse posso prestarglielo.

IL SONNO DELLA RAGIONE
Autore: Buero Vallejo
Madrid, dicembre 1823. E in atto la persecuzione dei liberali, dopo il ritorno al potere assolutista di Ferdinando VII. Nella Quinta del Sordo, dove si è ritirato con la giovane amante, il vecchio Goya, isolato da anni nella sordità, malato e impotente, dipinge sulle pareti della casa le famose "pitture nere", in cui da forma a terribili immagini oniriche che portano all'estremo le tematiche precedenti dei "Caprichos", la violenza e crudeltà degli esseri umani, la degradazione mostruosa della superstizione e dell'ignoranza e della guerra, e in prima persona sperimenta, dopo le utopiche speranze della ragione illuminista, le paure dell'assedio violento e maligno del potere. Un dramma sulla perenne condizione dell'artista, sulla sua necessità di libertà morale e di testimonianza, anche quando la ragione è minacciata dalle ombre.

Questo non l'ho letto, ma Buero Vallejo è bravissimo, e sicuramente Goya sarebbe interessante da rappresentare. Qui si rientra nella fascia di "follia personale", anche se indotta dall'ambiente esterno (sai che casino documentarsi).

CALIGOLA
Caligola è un'opera teatrale di Albert Camus [...] Testo incentrato sul delirio del potere, venne rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1945 [...]
"Attraverso Caligola, per la prima volta nella storia, la poesia provoca l’azione e il sogno la realizza. Lui fa ciò che sogna di fare. Lui trasforma la sua filosofia in cadaveri. Voi dite che è un anarchico. Lui crede di essere un artista. Ma in fondo non c’è differenza. Io sono con voi, con la società. Non perché mi piaccia. Ma perché non sono io ad avere il potere, quindi le vostre ipocrisie e le vostre viltà mi danno maggiore protezione - maggiore sicurezza - delle leggi migliori. Uccidere Caligola è darmi sicurezza. Finché Caligola è vivo, io sono alla completa mercé del caso e dell’assurdo, cioè della poesia."

Anche qui, purtroppo, conosco solo per fama. Camus è uno dei miei autori preferiti, ma ho letto solo i romanzi, che sono bellissimi: questa opera è considerata uno dei capolavori, ma soprattutto secondo me è appropriata al tema, vista la storica follia di Caligola, in pratica una personificazione della pazzia nella cultura popolare.

LA CASA DI BERNARDA ALBA
Tutto ha inizio dopo il funerale del secondo marito di Bernarda Alba. Bernarda pretende di mantenere lutto stretto per otto anni. Decreta, così, alle sue cinque figlie, un dolore che somiglia più alla sentenza di un severo giudice. Così vive Bernarda: gli unici doveri che conosce sono reprimere, controllare, vigilare e castigare. [...] Una notte, como accade quasi tutte le notti, Pepe si incontra con Adela; Martirio, che già da un po' aveva scoperto la tresca, blocca Adela e, urlando, fa svegliare tutta la casa. Bernarda, allora, scopre la relazione di Adela, va fuori - dove si era nascosto Pepe - e spara col suo fucile. Rientrata, dice di aver ucciso Pepe - anche se non è vero -, Adela scappa in camera sua e si impicca. Quando le donne entrano nella stanza di Adela vedono il raccapricciante spettacolo. Bernarda ordina di non piangere e di dire, in paese, che Adela è morta vergine, quando in realtà era incinta di Pepe il Romano.

Questa è un'opera di Lorca, ce l'ho in lingua originale e ho pure una relazione interessante (ci sono anche diverse simbologie da utilizzare, ad esempio la luna veniva sempre associata alla morte, le finestre sono l'unica fonte di comunicazione con l'esterno, ecc...) per chi fosse interessato.
La folle qui è la madre, che chiude in casa le sue figlie per anni (mi pare 15, ma potrei delirare) per rispettare il lutto del marito: le bastona, le obbliga e le costringe a comportarsi in un certo modo. Alla fine c'è la frase più pazza, detta con contegno, il che la rende ancora più inquientate: sua figlia si è impiccata perché credeva morto il suo amante (aveva una relazione segreta), ed era incinta, e la madre commenta con un freddo "mia figlia è morta vergine", dopo un attimo di silenzio.
Insomma, immaginatevi questa cicciona da capelli e vesti nere col bastone in mano, che di fronte al cadavere della figlia, appeso al soffitto, con la panciona, dice una frase simile.
L'opera è ambientata totalmente all'interno della casa.

ORESTEA
Qui si va sul classico, Eschilo, una trilogia di tragedie greche che ha per protagonista Oreste.

[...] Delle trilogie di tutto il teatro greco classico, è l'unica che ci sia pervenuta per intero. In questo periodo, Atene è al culmine dell'egemonia economica e militare. Le tragedie che la compongono rappresentano, in tre episodi, un'unica storia, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell'antica Grecia: l'assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, la vendetta del loro figlio Oreste, che uccide la madre, la follia del matricida e la sua redenzione finale ad opera del tribunale dell'Areopago. [...]
Dopo che Clitennestra ha ucciso il marito, è il figlio Oreste che vuole vendicarsi della madre. Nel prologo, Oreste, accompagnato da Pilade, giunge presso la tomba del padre Agamennone, davanti al palazzo di Argo.
Entrano in scena Elettra e le donne del Coro: a loro Clitennestra, sconvolta da un sogno (partoriva un serpente che le mordeva il seno succhiando, così, latte e sangue), ha ordinato di offrire libagioni al defunto.
Elettra invoca il dio Hermes, chiedendo pietà per sé e per il fratello Oreste, mentre le coefore la esortano anche a chiedere che venga un dio o un uomo capace di vendicare l'omicidio di Agamennone: Egisto e Clitennestra non meritano altro che la morte. Intanto Oreste si era già recato sulla tomba del padre. Se ne accorse solo Elettra che notò vicino alla tomba di Agamennone le impronte del fratello e sulla tomba un ciuffo dei suoi capelli.
A quel punto Oreste, che si era nascosto nel cimitero, si mostra, e i due fratelli, dopo qualche esitazione, si riconoscono, e Oreste spiega come sia stato il dio Apollo a ordinargli di vendicare il padre uccidendo Clitennestra, e proprio per questo scopo Oreste è tornato. I due invocano l'anima del padre perché li protegga, mentre si accingono a compiere la vendetta.
Oreste espone il suo piano, al quale dà esecuzione subitanea. Si presenta alla madre, che non lo riconosce, con la notizia della propria morte. Clitennestra appare triste (difficile dire se è tristezza vera o simulata), e manda a chiamare Egisto. Quando questi sopraggiunge, Oreste lo uccide e in successione anche la madre, che invano vuole risvegliargli la pietà, ricordandogli di quando si prendeva cura di lui da bambino.
La terribile vendetta è compiuta, ma appena ciò accade, appaiono le terribili Erinni, dee vendicatrici dei delitti. Spaventato, Oreste fugge inseguito da esse. [...]

Di solito è considerato folle il fatto che Oreste uccida accusando gli dei di non essere intervenuti in suo soccorso (o meglio, di non aver adempito la vendetta al posto suo), senza assumersi le responsabilità dell'atto. Naturalmente, visto il linguaggio arcaico, qui secondo me ci sarebbe da interpretare parecchio, ma potrebbe venire comunque un ottimo lavoro, soprattutto approfondendo la tematica religiosa e la follia che può originare.




OOOOOK. Perdonate gli errori grammaticali, ho sonno, infatti vado a letto.
GNA GNA
BAU
MIAAAAO
WUF WUF
PFFFTS.

2 commenti:

$ito ha detto...

Tra le opere presentate la più divertente sembrerebbe Aspettando Godot... Se non si trova qualcosa di "meglio" (tra virgolette perchè non è un commento sull'opera, ma sulla mia affinità ad essa) potrei valutare di riadattare questa.

fante ha detto...

ganzo il titolo!